La nostra storia

IL PANE, una filosofia di vita: tanto sacrificio, notti insonni e molta passione.
"Una tradizione che inizia nel dopoguerra, quando insieme a mio fratello Arsildo, abbiamo affittato il forno Bianchini per tre anni, in via Garibaldi per metterci a fare il pane sul serio, dopo essere stati a bottega da altri. Erano i tempi della Mille Miglia e alle 4 uscivo sulla porta per veder passare le auto rombanti che venivano giù dal borgo sant'Andrea".
A raccontare la sua vita da fornaio è Giorgio Cupioli, presidente dei panificatori della Confartigianato di Rimini e storico panettiere riminese che ha coinvolto nel suo mestiere l'intera famiglia, compresa Liana, figlia del fratello deceduto nel '72, con cui ha iniziato l'attività. Al figlio Davide ha di recente ceduto il testimone del panificio accanto al mercato coperto, la moglie Silvana è da sempre dietro la cassa con la figlia Stefania, Roberto l'altro figlio, invece, manda avanti il forno in via Covignano.

"E' stata dura iniziare, nel primo dopoguerra. Mio fratello aveva già imparato il mestiere negli anni '30, ma i mulini dovevano darci la farina sulla fiducia, eravamo degli sconosciuti nel campo. La pagavamo 95 lire al chilo e vendevamo il pane a 105 lire, c'era poco da guadagnare. Al posto del carbone per cuocere si usava la legnite. Oggi molte cose sono cambiate, ma il pane lo facciamo ancora come nel '50 quando insieme abbiamo aperto il forno di proprietà: farina di grano tenero, acqua, olio o strutto e un pizzico di sale. Questo è il pane vero. Il pane è sempre stato importante per la nostra famiglia, a mio fratello in guerra gli ha salvato la vita. Era prigioniero in Russia e l'hanno risparmiato solo perché sapeva fare quel mestiere.
Poi quando siamo tornati in città, dopo sfollati, è lui che mi ha insegnato.
Erano anni duri, lavorare al forno era prezioso perchè se "truvevte un post da furner, un pez ad pen, ma chesa, l'era assicured per tota la fameia".


Il fatto che, ogni volta che mescolando al lievito naturale farina, acqua e un pizzico di sale, in tempi diversi, si possano ottenere pagnotte di pane assai gustose, e sfamare una famiglia, ha del prodigioso!
Noi lavoriamo con qualcosa di vivo, che cresce, e ha una vita propria. Fare il pane è una filosofia di vita - interviene Davide - ma occorre stare attenti a tante cose. La temperatura dell'impasto ad esempio, non deve mai superare i 22/23 gradi, se fa troppo caldo fuori, va aggiunta acqua più fresca, ogni giorno cambia tutto. Bisogna procedere a vista superare tante difficoltà per avere il miglior prodotto".
Purtroppo oggi c'è il rischio di perdere tutto questo, alcune macchine fanno il pane con la sveglia, si prepara l'impasto e poi un timer regola la temperatura fino alla lievitazione completa, ma Cupioli junior non ci sta, meglio lasciar fare alla natura.
"Cedere alla tecnologia ci farebbe risparmiare ore di sonno e anche nel personale, ma per noi sarebbe decisamente un passo indietro".